Africa
L'Africa di Continentenero Travel

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Tchad… emozioni sahariane

di Davide Bergami e Antonella Bergonzoni

Viaggio effettuato dal 27/03/2002 al 12/04/2002

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Introduzione
A volte ci sono ispirazioni che non riusciamo a comprendere e che probabilmente non provengono da noi; nascono dal profondo inspiegabilmente ed inspiegabilmente ci guidano contro ogni rischio e difficoltà.
La stessa cosa è accaduta a noi per questo viaggio; abbiamo sempre avuto il desiderio di conoscere l'Africa sahariana "più vera" e di vivere sulla pelle quel poco che avevamo visto e sentito relativamente a questo paese, unico nel suo genere.
Eravamo, quindi, alla ricerca di quello che resta del "vecchio Sahara", prima che venga sommerso dalla marea montante del consumismo, che qui tenta di riversarsi da oltre confine. Il Tchad spera di rientrare nel mondo dopo più di trent'anni di guerra civile e scontri con la Libia; qui le genti vivono una vita al limite della sopravvivenza, in una nazione a lungo devastata da povertà, siccità e continui spargimenti di sangue. Da un po’ di tempo a questa parte, però, l'idea di questo viaggio per svariate ragioni era diventata assillante, anzi oserei dire una necessità.
…. Ma che cosa c'è da vedere in Tchad ???.
Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa domanda, prima di partire e una volta rientrati dalla nostra vacanza.
Un viaggio in Africa è un viaggio che ti conduce alle origini dell'uomo.
L'Africa sahariana attraverso i suoi paesaggi immensi e spettacolari, funziona come una macchina del tempo. Si esce dal ritmo frenetico della nostra vita e si entra direttamente nella storia, a stretto contatto con un ambiente incontaminato e a popolazioni giunte a noi intatte attraverso i secoli con le loro abitudini e i loro stili di vita. Il Tchad si trova nel cuore dell'Africa ed è una terra autentica, misteriosa, un paese di contrasti, di grandi spazi, caleidoscopio di paesaggi e popoli che racchiude un paradiso selvaggio unico nel Sahara.

Il viaggio
Siamo partiti da Bologna nella serata del 27/03 con arrivo a Roma Fiumicino; verso le 00,40 eravamo di nuovo in partenza per Addis Ababa (volo Ethiopian Airlines) con coincidenza per N'Djamena, dove siamo atterrati nel primo pomeriggio del 28/03. La nostra sistemazione era presso il Novotel La Tchdienne, il migliore ed il più nuovo della città, situato nelle immediate vicinanze dell'aeroporto sulla sponda del fiume Chari.
A pochi passi dall'hotel si trova un piccolo ma ben fornito mercato dell'artigianato, dove oltre ai manufatti locali è possibile trovare bellissime maschere di legno provenienti dai paesi dell'Africa nera; ne approfittiamo subito per comperare qualche piccolo ricordo. Abbiamo poi incontrato il nostro tour leader di Spazi d'Avventura Andrea Bonomo, il quale ci ha confermato che dal punto di vista della logistica era tutto ok (fuoristrada, materiale da campo, viveri e carburante), ma soprattutto avevamo tutti i permessi necessari per il nostro tour. Infatti, durante il percorso, si avrà l'obbligo di fermarci ai posti di polizia per la visione dei permessi e dei nostri passaporti.
La mattina del 29/03 partiamo in perfetto orario con il nostro convoglio composto di quattro veicoli fuoristrada Toyota e ben 18 persone (12 turisti, 4 autisti, il cuoco e la nostra guida Andrea). Uscendo dalla città abbiamo costeggiato l'aeroporto dove intravediamo soldati francesi di guardia; militari che fanno parte di una guarnigione di circa 1'000 uomini di stanza nell'aeroporto della capitale.
Percorriamo in direzione nord est gli unici 80 km di asfalto lungo l'importante direttrice che collega la capitale con il vicino Sudan, sulla quale transitano merci che danno luogo ad intensi scambi commerciali.
Arrivati al villaggio di Massaguet puntiamo decisamente verso nord e superato il paese di Massakory entriamo nel Bahr el Ghazal detto anche Fiume delle Gazzelle, antico emissario dell'immenso bacino lacustre del Paleociad, che seguiremo per tutta la sua lunghezza verso nord, entrando nella regione del Kanem.

Le cronache ci hanno tramandato che il Bahr el Ghazal era navigabile fino al 1700, ora la zona è densamente popolata e frequenti saranno gli incontri con le popolazioni locali nomadi e seminomadi.
Questo antico letto di fiume, ora inesorabilmente prosciugato, riceveva acqua dal lago Tchad e la immetteva nell'antico lago Borkou. La progressiva desertificazione del territorio ha fatto si che ora il livello dell'acqua del lago Tchad è di 35 metri inferiore alla quota del letto del Fiume delle Gazzelle.
Questa importante arteria che unisce il nord musulmano al sud cristiano e animista ha favorito il contatto tra queste due culture; in passato era percorsa da carovane che collegavano i grandi regni dell'Africa Nera al Mediterraneo. Oggi è facile incontrare vetusti camion incredibilmente colmi di merci e uomini che arrivano dalle lontane oasi libiche.

Il paesaggio di questa regione è di tipo saheliano caratterizzato da una varia e rigogliosa vegetazione rappresentata da numerose specie di acacia, tuttavia costituisce una zona di transizione climatica tra savana e deserto; la forte escursione termica, la grande aridità e le piogge irregolari fanno si che la vita si regga su equilibri molto delicati.
Occorreranno ben due giorni di viaggio per percorrere il letto di questo antico fiume e arrivare a Kouba Oulanga, dove potremo approvvigionarci di acqua, in quanto le riserve che si hanno sui fuoristrada si esauriscono in circa 2 giorni e mezzo.
La prima notte ci siamo accampati poco prima del villaggio di Kouri Kouri, mentre il secondo campo è stato approntato nei pressi di Nedeley, a pochi chilometri da Kouba Oulanga.
In questa regione le popolazioni sono principalmente rappresentate da ceppi etnici di fede musulmana detti Kanembou, Kanouri, Peul, Kereda, Dazi e Arabi; quest'ultimi sono entrati in Tchad circa 800 anni fa dopo aver combattuto e sconfitto i cristiani a Dongola in Sudan.
I pochi appezzamenti di terreno coltivati che incontriamo e la vendita del legno di acacia in alcuni villaggi, sono attività svolte principalmente dall'etnia Kanembou; questi lavori sono totalmente disprezzati dai nomadi del deserto.
Durante il nostro tragitto incontriamo numerosi pozzi d'acqua attorno ai quali si radunano i Kereda. Etnia di allevatori, che specialmente in questa stagione secca affollano i pozzi per poter dissetare le proprie mandrie. L'abbeverata al pozzo è un lavoro tremendo e faticoso, in quanto la profondità di questi pozzi varia tra i 30 e i 50 metri; gli uomini, tra rauche grida d'incitamento, sudati per lo sforzo, recuperano faticosamente un grande catino di pelle che può contenere fino a 25 litri d'acqua, dissetando così con pazienza i loro animali.
Inutile dire che per noi fotografi il lavoro ai pozzi è una ghiotta occasione per fare almeno un paio di rullini in mezz'ora; bisogna però avere un approccio molto soft, ma soprattutto, portare rispetto nei riguardi di queste persone, che sotto un sole implacabile svolgono un lavoro faticosissimo. Al nostro arrivo siamo decisamente malvisti in quanto una presenza estranea è considerata solo un intralcio al loro lavoro, poi con un po’ di attenzione e con la mediazione della nostra guida e degli autisti sarà possibile scattare qualche bella foto.
Nel primo pomeriggio del 30/03 arriviamo al villaggio fantasma di Salal, importantissimo punto d'acqua per i cammelli in questa regione; qui finisce la zona saheliana ed ha inizio quella predesertica. Le poche e povere case di questo abitato sono sparse tra piccole dune, talvolta nascoste dalla sabbia in sospensione dovuta ad un forte vento. La vista di questo villaggio è a dir poco scioccante; caldo, vento e polvere ci fanno pensare di essere stati sbarcati su un altro pianeta, ci sembra impossibile che qui possano vivere ed abitare esseri umani. Come detto in precedenza la seconda notte ci accampiamo nei pressi di Nedeley; la mattina del 31/03 partiamo di buon ora e dopo pochi chilometri arriviamo a Kouba Oulanga.
Kouba Oulanga …… improbabile villaggio precedente le assolate ed inospitali distese di sabbia dell'Erg di Djourab. E' il limite amministrativo tra la regione del Kanem e quella del Borkou, dove è presente un punto d'acqua permanente, vitale per gli abitanti della zona. La pompa che serve questo pozzo d'acqua fu donata qualche anno fa dal governo dell'Arabia Saudita; ne approfittiamo per ripristinare le nostre scorte. Intanto la nostra guida si è recata al posto di polizia per far vistare i permessi; questa piccola sosta ci permette di scattatre qualche foto e fare amicizia con i numerosi bambini di questo villaggio, in quanto gli adulti sono come sempre molto schivi.
Ci attende una giornata di jeep molto lunga; ora puntiamo decisamente verso est, il nostro obiettivo sarà di arrivare nel tardo pomeriggio a Kalait, dove faremo il primo rifornimento di carburante.

Il paesaggio cambia nuovamente, ora attraverseremo una zona di sahel molto selvaggio, una vasta pianura piena di erba gialla ottima per il pascolo dei dromedari e priva di insediamenti umani se non poche tende di nomadi arabi che vivono di pastorizia in una dimensione per noi irreale.
In questa fascia del paese sono allevati oltre un milione di dromedari, di cui una parte viene portata in Libia all'oasi di Khofra per essere venduti e macellati. Gli altri dromedari vengono utilizzati per formare carovane e commerciare sale e natron (carbonato di sodio) con le genti che vivono nella parte meridionale del paese. Vendono il tutto ai pastori (che lo utilizzano per le loro mandrie di bestiame) e ritornano a nord con miglio e sorgo, che saranno le provviste fino al prossimo viaggio. La vendita dei dromedari è un'importante introito nell'economia dei nomadi, le femmine forniscono con il latte l'elemento principale se non esclusivo della dieta di questi popoli, la lana ed il cuoio sono anch'essi importanti per fare borse e selle.
Qui è ancora economicamente valido il trasporto con il dromedario, in quanto la condizione delle piste ed il prezzo di acquisto maggiore (se sei proprietario di un camion) del sale e del natron, fanno si che il trasporto su ruote non sia ancora economicamente vantaggioso. I dromedari invece costano poco e durante la stagione invernale possono sopravvivere per oltre un mese solo con un po’ d'acqua e un po’ di fieno.
A metà giornata arriviamo all'importantissimo pozzo di Todi, unico punto d'acqua permanente tra Kouba Oulanga e Oum Chalouba. Una piccola sosta per qualche fotografia; la profondità di questo pozzo oltrepassa i 100 metri, ed è veramente impressionante vedere un dromedario tirare una corda così lunga per poter portare in superficie il catino di pelle ricolmo d'acqua.
Riprendiamo la nostra marcia verso est, lungo una pista che segue il corso naturale del Oued Achim che percorreremo fino ad arrivare ad Oum Chalouba, dove è presente un'importante guarnigione militare.
Il terreno presenta sempre una distesa infinita di erba gialla, ricca di animali come le gazzelle Dama e Dorcas, otarde, jene e sciacalli; emozionanti e frequenti saranno gli incontri con le minuscole gazzelle, che sopravvivono grazie al fatto che pur bevendo di rado riescono a ricavare l'acqua direttamente dalla pastura
Una menzione particolare merita l'antilope Addax, considerata dai Tuaregh "la regina del deserto" per la sua imponenza e il suo stile di vita, lontano da ogni altro animale, libera e indipendente. Questa antilope presenta un manto di colore bianco grigiastro con una larga macchia scura sul muso e corna avvolte in larghe spirali; vive in branchi poco numerosi o isolati. La sua struttura organica le consente di non bere quasi mai, in virtù della capacità di metabolizzare e trasformare il cibo in liquido vitale. Appariva talvolta tra le raffiche nelle tempeste di sabbia, bianca come un fantasma e misteriosa come uno spettro. Purtroppo le ricorrenti guerre che hanno tormentato per decenni il Sahara e la caccia indiscriminata stanno portando all'estinzione questo magnifico animale.
Una missione naturalistica effettuata nel settembre 2001 sotto la competenza scientifica del prof. John Newby (massimo esperto del Wwf di fauna sahariana), ha effettuato ricerche su questa rarissima antilope lungo la direttrice del Bhar el Ghazal, nelle falaise d'Angamma e lungo tutto il corso del Oued Achim; il giorno 2 ottobre 2001 ne sono state avvistate due tra Kouba Oulanga e la falaise d'Angamma.
Passiamo velocemente accanto alla base militare di Oum Chalouba, dove la massiccia presenza di soldati e veicoli blindati ci consiglia di proseguire senza fermarci; arriveremo poi al villaggio di Kalait, dove la nostra guida Andrea ha l'appuntamento per l'acquisto del carburante. Prima l'abitato era in effetti a Oum Chalouba, poi con l'apertura di un nuovo pozzo d'acqua e la massiccia presenza di militari, la popolazione locale si è trasferita completamente nel nuovo villaggio. Qui, oltre al rifornimento di nafta, verranno nuovamente controllati passaporti e permessi di transito. Un aneddoto; per la prima volta da quando Andrea accompagna i turisti nei suoi tour, il funzionario di turno è stato talmente scrupoloso, che ha voluto timbrare e firmare pure i nostri passaporti. Ora insieme ai diversi timbri di entrata e uscita dei vari paesi da noi visitati, abbiamo anche il timbro di transito a Kalait!!!
Il tempo per fare rifornimento ci permette di visitare questo paese fatto di case di fango, capanne di nomadi e un bel mercato che si trova attorno al pozzo d'acqua e che ne fa un luogo animato d'incontro e di commercio vista la quantità di merci disponibile. E' facile vedere donne vigorose dalla pelle scura e dai veli multicolori che arrivano con i loro asini ad attingere acqua al pozzo, alcune ragazze hanno le labbra tatuate di nero, che per la tradizione locale significa il superamento della pubertà. Vista la presenza di personale militare ci è stato consigliato di non fare foto, per non rischiare di vedersi sequestrare le macchine fotografiche; un vero peccato perché l'atmosfera che si respirava in questo mercato avrebbe meritato senz'altro qualche bello scatto. Non tutto viene per nuocere, il gironzolare fra la gente senza le fotocamere al collo, ci ha consentito di avere un approccio molto spontaneo e genuino con questi gentili e simpatici commercianti.
Anche se il Tchad non è certo il paese più turistico al mondo, qui come altrove, la macchina fotografica crea una barriera di diffidenza tra noi e le popolazioni che visitiamo.

Terza parte -->>

 


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