Acquistate
un po di verdure, usciamo per qualche chilometro
da Kalait dove ci accampiamo per la notte. Dopo
cena verso le 21,30 mentre facevamo le ultime chiacchere
prima di coricarci, sotto un cielo stellato dove
la Via Lattea ci appariva come una serie di grappoli
di luce, vediamo sorgere una luna piena che con
una potentissima luce ha illuminato praticamente
a giorno il paesaggio che ci circondava. Già
ci è difficile vederla così alle nostre
latitudini, qui in questo ambiente desertico privo
di fonti di inquinamento luminoso e di smog, la
sua apparizione così brillante e luminosa
ci dava l'impressione di poterla persino toccare,
provocando in noi un brivido di emozione.
Il giorno 01/04 ci svegliamo come sempre di buon
ora verso le sei meno un quarto, colazione e poi
proseguiamo in direzione nord fino ad arrivare all'importante
pista che con andamento Nord Sud collega la città
di Abeche, nella regione meridionale del Waddai
con il villaggio di Fada sottoprefettura della più
ampia regione amministrativa del paese chiamata
B.E.T.; acronimo che indica i calanchi del Borkou
e le catene montuose dell'Ennedi e del Tibesti.
Dopo
ben tre giorni di viaggio, non certo monotoni, anche
se qualcuno sosterrà il contrario, finalmente
entriamo nel massiccio dell'Ennedi; qui il territorio
è ormai desertico e abitato da popolazioni
di pelle scura tipiche del B.E.T. come Tama, Zagawa,
Anakazza, Bideyat e Gaeda. Popolazioni che sono
fortemente indipendenti, valorose in battaglia,
i cui uomini esibiscono lunghi pugnali legati alle
braccia in segno di ferocia e con un marcato senso
di appartenenza al proprio clan.
In lontananza intravediamo irte guglie che come
fari ci guidano verso i rilievi di questo immenso
altopiano arenaceo ricco di acque nascoste, trattenute
negli scrigni segreti delle guelte, regali sorprendenti
delle oscure e misteriose profondità del
deserto.
Uno di questi magnifici scrigni è la guelta
di Bechike', una piccola pozza di acqua limpida,
che raggiungeremo a piedi lungo una stretta e spettacolare
gola, che però non sembra essere utilizzata
dagli animali del luogo.
La notte la trascorreremo a pochi chilometri da
Fada in mezzo ad una foresta di pinnacoli di arenaria;
qui si scatena la nostra fantasia ed immaginazione,
modellate dal vento e dall'acqua si possono scorgere
immagini di stravaganti castelli e cattedrali di
un fantastico mondo alieno, lambiti da sinuose lingue
di sabbia. Il nostro sonno è stato un po
disturbato da un forte vento che ha scosso incessantemente
le tende per tutta la notte. La mattina del 02/04
raggiungiamo l'oasi di Fada, dove dovremo esibire
al posto di polizia i nostri passaporti e permessi
di transito, per poi raggiungere nel pomeriggio
la famosa guelta di Archei. Questo caratteristico
villaggio sahariano costituito da case in banco
(argilla con leganti vegetali battuta e essiccata)
che circondano il vecchio forte coloniale francese
è contenuto in un'oasi verdeggiante di palme
da dattero, con un piccolo mercato e abitato principalmente
dai Tubu del clan Gaeda.
La sua importanza come sede di sottoprefettura,
il suo forte coloniale con una nutrita guarnigione
militare e sentinelle armate che sorvegliano la
piazza principale, fanno si che sia severamente
proibito fotografare; tutto ciò a vantaggio
di una maggior possibilità di poter avvicinare
e scambiare qualche parola in francese con queste
popolazioni solitamente molto schive.
L'oasi è di una rara bellezza, qui il tempo
sembra veramente essersi fermato, la civiltà
che noi conosciamo è lontana anni luce da
questo posto; il nostro gironzolare senza una meta
precisa ci porta a visitare la scuola locale ed
a scambiare quattro chiacchere con gli insegnati.
FADA
fu occupata per sette anni dall'esercito libico
(dal 1980 al 1987) nel momento in cui invadeva il
Tchad settentrionale; successivamente la Francia
aiutò la sua ex colonia a cacciare gli invasori.
Si stima che l'esercito libico nella sua ritirata
abbia abbandonato circa il valore di un miliardo
di dollari in attrezzature militari. E' quindi facile
imbattersi nelle lamiere contorte e carbonizzate
di carri armati e veicoli lanciamissili; sparse
nel deserto granate di artiglieria, elmetti dei
soldati, tettucci di auto e camion, mentre migliaia
e migliaia di bossoli di mitragliatori sbucano fra
le sabbie.
I
frutti amari del post colonialismo, che insieme
a questa guerra e alle oltre 70'000 mine antiuomo
tutt'ora presenti (soprattutto lungo le piste che
collegano Fada con le oasi di Ounianga), hanno generato
sanguinosi conflitti interni, rendendo così
inaccessibile per decenni agli stranieri questa
remota zona del Sahara.Ora la nostra meta sarà
la guelta di Archei. Abbandonata la pista percorreremo
l'oued Archei, gigantesco e verdeggiante letto di
fiume, che si snoda per una trentina di chilometri
e termina in un grandioso anfiteatro naturale, sede
del più importante punto d'acqua permanente
di tutta la regione. Qui ci si ferma per il pranzo
e poi a piedi si entra nella vera e propria gola
che ci conduce alla guelta, il punto d'acqua permanente
dove i nomadi Gaeda e Bideyat portano le proprie
mandrie ad abbeverarsi. Nel pomeriggio la pozza
d'acqua viene gradualmente abbandonata dagli animali
che si sono oramai dissetati. La gola vista dal
letto del oued è un vero e proprio ciclopico
monumento naturale; chiusa da alte e verticali muraglie
rossastre larghe alcune centinaia di metri all'ingresso,
che si restringono a circa 20 - 30 metri nel punto
d'acqua permanente.
Il clou della visita è avvenuto la mattina
seguente, il 03/04 è un giorno che rimarrà
per sempre indelebile nella nostra memoria.
Verso
le 7,30 le jeep ci hanno portato all'inizio di un
sentiero e con una marcia di avvicinamento di 1
ora in salita arriveremo su un ampio balcone naturale
che ci permetterà di ammirare dall'alto questa
splendida guelta. Nelle sue scure ed immobili acque
si trovano alcune specie di pesci, ma soprattutto
esemplari (in tutto sono sei) viventi di coccodrilli
nilotci. Noi pensavamo che questa fosse una delle
tante leggende che circolavano e invece al nostro
arrivo ne troviamo ben due che usciti dall'acqua
se ne stavano tranquillamente distesi al sole. E'
un'allucinazione??? Siamo increduli, in pieno deserto
stavamo ammirando gli ultimi testimoni dell'antica
fauna sahariana, autentici fossili viventi e guardiani
silenziosi di questo posto unico al mondo. Questi
coccodrilli che sono risaliti dal lontano lago Tchad
per arrivare nell'Ennedi hanno avuto un lento processo
di adattamento al fine di poter superare oltre quattromila
anni di siccità; ora non sono più
carnivori e la loro lunghezza difficilmente può
superare i tre metri.
I Bideyat li considerano sacri e non li cacciano,
però gli studiosi ci dicono che è
molto improbabile che si possano riprodurre in un
prossimo futuro e quindi avranno come ineluttabile
destino l'estinzione.
A
quest'ora del mattino, preceduti da un velo di polvere
che si infittisce sempre di più, arrivano
i dromedari per l'abbeverata; il loro ordine di
arrivo è stabilito dai nomadi e calcolato
in base alle lune. E' impressionante vedere la quantità
di dromedari che lentamente si portano all'abbeverata;
i blaterii degli animali assetati echeggiano tra
gli stretti fianchi rocciosi, riemergendo dall'abisso
del tempo, trasformando così Archei in un
luogo magico.
La magia del luogo è dovuta al fatto che
oltre ai dromedari, che sono di gran lunga i più
numerosi, possiamo scorgere anche piccole mandrie
di mucche!!!
Anche questi animali sono testimoni di un passato
che fu; a questa latitudine nel deserto del Sahara
li possiamo ammirare unicamente nelle pitture rupestri,
in quanto a causa della desertificazione del territorio
sono migrati verso i pascoli del sud da parecchi
secoli.
La presenza di popolazioni nomadi con le proprie
mandrie, i coccodrilli che si credevano estinti
da migliaia di anni, le guelte, una flora fatta
di arbusti e cespugli, acacie, tamerici, euforbie
e abbondanti cespugli di drinn (ottimi per il pascolo
dei dromedari), la presenza di animali selvatici
come gazzelle, fennech, babbuini e scimmie rosse
(Patas), lepri e procavie capensis, mufloni, sciacalli
e probabilmente felini come il leopardo, fanno si
che per l'Ennedi la definizione di "giardino sahariano"
sia la più azzeccata.
Il
progressivo inaridimento del territorio iniziato
5'000 anni fa, ha trasformato foreste, verdi valli
e boscose montagne in un'arida distesa di sabbie
e roccia dove il sole ed il vento sono i dominatori
incontrastati, costringendo così uomini ed
animali a rifugiarsi nel massiccio dell'Ennedi.
E' da allora che questa singolare oasi biologica
rappresenta per le popolazioni locali una sorta
di arca di Noè difficile da abbandonare.
I nomadi di questa zona conducono una vita completamente
priva di tecnologie, in un ambiente naturale tra
i più duri ed esigenti che esistano sulla
terra. Non sono né poveri, né derelitti,
ma semplicemente hanno ridotto all'osso le loro
esigenze quotidiane. Nel Sahara dove le enormi distanze,
l'aridità e la fatalità rendono così
precaria la vita di queste genti, invocare il favore
di Allah - Inshallah - è diventato un riflesso
condizionato.
E' incredibile e allo stesso tempo angosciante prendere
coscienza del divario enorme tra le difficoltà
che ogni giorno queste popolazioni devono affrontare
e i problemi che noi ritroviamo quotidianamente
nella nostra società.