Africa
L'Africa di Continentenero Travel

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Tchad… emozioni sahariane

di Davide Bergami e Antonella Bergonzoni

Viaggio effettuato dal 27/03/2002 al 12/04/2002

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Ancora in preda ad una profonda emozione per quello che abbiamo visto, ritorniamo sui nostri passi e riprendiamo i fuoristrada. Nel procedere verso il luogo dove poseremo le tende per la notte, effettueremo numerose soste per ammirare delle straordinarie pitture rupestri. Queste sono celate in grotte e ripari naturali e sono considerate una delle testimonianze più importanti della preistoria; magnifiche per la loro raffinatezza ed inestimabile valore di documento della vita di uomini e animali in questa grande regione del Sahara centro meridionale. Quello che ci colpisce in queste pitture è la presenza dei cavalli accanto ai dromedari, segno di un momento storico in cui le due cavalcature si davano il cambio a causa dei drammatici mutamenti climatici che stavano investendo il Sahara.
Il campo verrà posato nelle vicinanze di Tokou, dove troveremo delle incredibili formazioni arenacee ad arco, imponenti ed eleganti che fanno pensare ad un'opera di ingegneria a cui la natura si è dedicata con lo scopo di sfidare le sue stesse leggi.

A poche centinaia di metri dalle nostre tende, abbiamo avuto l'opportunità di vedere decine e decine di ammassi di pietra di forma rotondeggiante; altro non sono che tombe funerarie di una delle tante necropoli sparse nell'Ennedi, alle quali gli studiosi stanno tuttora cercando di attribuire una datazione certa. La giornata seguente del 04/04 proseguiremo in direzione Nord Ovest lungo l'Oued Nohi costeggiando le magnifiche formazioni tassiliane arenacee del massiccio dell'Ennedi, come quelle di Tokou, Terkei e Deli. Queste formazioni con archi, guglie e camini creano maestose cattedrali e intricati labirinti che si alternano ad ampie vallate rese multicolori dalla sabbia dorata e dalle sfumature di verde di acacie e arbusti. A ben vedere nel Oued Nohi il deserto smette di essere implacabile; in questa vallata incredibilmente verde l'acqua che proviene dal sottosuolo irrora migliaia di acacie e rende la vita meno dura ai nomadi che la abitano.

Una menzione particolare a nostro avviso, va a Chigeo, per le sue incredibili torri in arenaria che si innalzano contro un cielo che ha il colore del cobalto. Queste antiche foreste di arenaria allungano le loro ombre su un morbido tappeto di sabbia, in un cromatismo perfetto che addolcisce l'asprezza di questo arido territorio. Nelle immediate vicinanze spuntano dal terreno come per magia degli stupefacenti funghi di pietra che hanno un'altezza di circa 5-6 metri; sembra impossibile che solamente l'erosione sia stata l'unica causa di questi capolavori della natura. Di fronte a questo spettacolo naturale, ci viene alla mente una citazione di Thèodore Monod quanto mai appropriata: "si prova rispetto per questi paesaggi intatti che non ci hanno domandato nulla, che farebbero volentieri a meno della nostra presenza e che sono là comunque semplicemente maestosi". In serata arriveremo nella splendida regione sabbiosa di Bichagara, dove poseremo le nostre tende per la notte.
La mattina del 05/04 ci lasceremo alle spalle le ultimi formazioni arenacee di Bichagara e dell'Ennedi meridionale, puntando al pozzo di OUAI per il consueto rifornimento d'acqua. Rifornimento necessario in quanto per i prossimi tre giorni non incontreremo punti d'acqua data la forte aridità del territorio che dovremo attraversare.
Il caldo. Non ne abbiamo ancora parlato; essendo praticamente alla fine della stagione invernale le giornate sono calde, le temperature di giorno arrivavano tranquillamente ai 40°, per cui, onde evitare la disidratazione, si aveva necessità di bere almeno 6-7 litri d'acqua al giorno. Considerato che eravamo in 18 persone, i bidoni d'acqua erano quelli che occupavano lo spazio maggiore all'interno delle nostre jeep. Qui al pozzo di Ouai, vista anche una certa abbondanza di questo prezioso liquido, ne abbiamo approfittato per lavarci un po’, sotto lo sguardo incuriosito dei nomadi che affollavano il pozzo al nostro arrivo.
Fatto il pieno di acqua, ci addentreremo lungo una difficile pista sassosa e sabbiosa nella depressione del Mourdi, vasta regione di sabbie e gruppi montuosi isolati. Passeremo poi alcuni impegnativi cordoni di dune "barcane" nel punto di minor larghezza, per immetterci nel Derbili, in un altro sistema di dune "barcane", dove passeremo la notte.

Numerosi sono i giacimenti neolitici e paleolitici qui presenti e frequente sarà la possibilità di scoprire fra le sabbie grosse macine, resti di vasellame di ceramica ed altri manufatti preistorici. Qui in una delle regioni più isolate del Tchad sahariano, l'enorme vastità dello spazio ed il silenzio più assoluto ci tolgono il fiato e ci svuotano la mente.
Le emozioni e le sensazioni che ti danno questi luoghi sono difficili da esprimere con le parole e con la fotografia. Il deserto va vissuto, devi sentire sulla tua pelle la sabbia, il sole, il vento, devi vedere con i tuoi occhi la sua immensità, perché il deserto è una cosa a sé, è un altro mondo, un'altra dimensione.
La mattina del 06/04 partenza di buon ora, per poter sfruttare al massimo le prime ore del giorno dove le temperature sono più sopportabili per noi e per i nostri mezzi. Percorreremo l'antica via carovaniera che collega i villaggi Tchadiani del sud con le saline delle regioni di Ounianga, Demi, Teguedei e le oasi libiche; arriveremo poi a Eyo Demi formazione di arenaria rossastra ai piedi della quale sorge l'omonimo villaggio, costituito da poche palme e povere abitazioni in terra. Questo nucleo abitato, situato in un ambiente assolutamente selvaggio ed inospitale vive sull'esiguo commercio del "sale rosso"; in un'ampia distesa di sabbia le donne scavano e raccolgono con metodi rudimentali i cristalli di sale, che verranno poi trasportati ai mercati del Waddai.
Questo preziosissimo elemento naturale, che è il sale, fu alla base di tutti i traffici che si svolgevano lungo la grandi carovaniere del Sahara; a tutt'oggi queste carovane sopravvivono soltanto qui e in paesi come il Niger ed il Mali.
Siamo penetrati incredibilmente in un angolo di mondo che fino ad ora il motore a scoppio non è ancora riuscito a conquistare.
Ci fermiamo per una breve visita, due chiacchere con il capo villaggio che poi ci porta a vedere le saline, dove alcune donne erano impegnate nell'estrazione del sale, in condizioni ambientali davvero proibitive per chiunque di noi.
Proseguiremo ancora lungo questa antica via di commercio e piegando verso nord ovest arriveremo all'oasi di Teguedei, piccolo palmeto abitato stagionalmente per la raccolta dei datteri. Durante la stagione invernale, principalmente nei mesi che vanno da novembre a febbraio, viene raccolto il sale per effetto dell'evaporazione delle acque di questo piccolo lago.
Nei periodi in cui l'oasi non è abitata troviamo solo i telai delle abitazioni realizzati con canne di bambù, altrimenti ricoperti di stuoie e piccole costruzioni di pietra adibite a magazzino per i datteri durante il periodo della raccolta.
L'oasi rappresenta un'affascinante e seducente idea della vita che vince in mezzo al nulla; è la volontà dell'uomo che in severissime condizioni ambientali utilizza le poche risorse a sua disposizione per creare una nicchia fertile, che si oppone ad un intorno ostile ed avverso. L'estrazione del sale, la raccolta dei datteri, la soda costituiscono insieme all'allevamento una fonte di approvvigionamento e di scambi insostituibile nell'economia della regione.
Le sorprese non sono ancora finite in questa giornata, proseguendo sempre verso ovest raggiungeremo i primi laghi dell'oasi di Ounianga Serir. Uno solo di questi ha l'acqua che è completamente dolce, ne approfittiamo immediatamente per fare un bagno ristoratore, occasione non certo frequente nel Sahara. Il campo verrà posato nelle immediate vicinanze di questi laghi.
La giornata seguente del 07/04 la passeremo interamente a visitare questa inusuale regione di Ounianga. Per una particolare situazione geologica questo complesso sistema lacustre ha modo di sopravvivere alla desertificazione; la sua ubicazione è tra Ounianga Serir e Ounianga Kebir.
In un paesaggio tra i più inusuali, troviamo bacini d'acqua circondati da palmeti spontanei che affondano le radici in un terreno spugnoso inzuppato da acque fossili; unici palmeti di questo genere in tutta l'Africa sub tropicale, praticamente nel cuore del deserto. Dune gialle e arancioni discendono sino all'acqua, falaise di arenaria multicolore che vanno dal bianco al rosso, rendono questo luogo uno dei più affascinanti ed inaspettati di tutto il paesaggio sahariano.
Questi specchi d'acqua, rari gioielli dalle colorazioni blu, verde e rosso, devono il loro cromatismo alla salinità delle acque ed alla natura del plancton in esse presenti. Piccolo villaggi di povere capanne circondano i laghi; qui vi abitano principalmente i nomadi BIDEYAT e Ounia, questi ultimi danno il nome alla regione dei laghi salati; nonostante le grandi dimensioni nessun nomade li naviga, né con piroghe né con piccole barche. Bideyat e Ounia parlano una lingua dalle origini comuni, la lingua della riva nord dell'antico mare paleociadiano; queste popolazioni nomadi si insediarono in questi territori probabilmente alla fine del neolitico. La zona dei laghi è il punto più a nord toccato dal nostro raid sahariano. Come detto in precedenza il lago Bokou di Ounianga Serir è il solo che ha acqua dolce. In tutti gli altri l'acqua è salata, là dove sono stati inglobati i depositi di carbonato di sodio lasciati dalle antiche ingressioni marine. A Ounianga Kebir ci sarà l'ultimo controllo dei nostri permessi; si farà poi il secondo ed ultimo rifornimento di nafta per i fuoristrada. Ounianga Kebir è un villaggio dove il tempo sembra essersi fermato alla guerra combattuta contro la vicina Libia. Nonostante la potenziale minaccia rappresentata dai residuati bellici ancora sparsi nel territorio circostante, ora vi è presente un vivace mercato pieno di merci che ironicamente provengono dalla confinante Libia, ex nemico e vicino più ricco del Tchad. Su grossi camion diesel Mercedes, carichi fino all'inverosimile, sono impilati enormi sacchi di iuta che contengono un po’ di tutto, dai tappeti da preghiera ai sandali, abiti, utensili in latta ecc ….. Il più delle volte sopra a questo strato di sacchi trovano posto numerosi passeggeri avvolti nelle loro tuniche e schiacciati gli uni contro gli altri.
L'importanza del villaggio è dovuta al fatto che questo è il primo posto di controllo del Tchad per chi proviene da nord; qui i camion sono costretti a lunghe soste per le ispezioni doganali. Facciamo il campo fuori dal villaggio, vicino alle rive del lago Yoa, di gran lunga il più grande di questa regione, un vero e proprio mare interno. La mattina successiva del 08/04 ammiriamo il sorgere del sole su questo fantastico specchio d'acqua e dopo la consueta colazione puntiamo i nostri fuoristrada in direzione sud Sud Ovest, passando tra alcune strette falaise di arenaria, per entrare poi nel Ouadi Doum. Lungo il suo percorso attraverseremo i resti di un aeroporto militare, con tanto di pista di atterraggio ancora in ottimo stato, che fu un'importantissima base di approvvigionamento per le truppe libiche durante il conflitto con il Tchad. Oramai non rimangono altro che pochi capannoni e baracche invase dalla sabbia, presidiate da alcune decine di militari Tchadiani confinati con le loro famiglie in questo squallido e desolato avamposto militare. Al nostro arrivo siamo avvicinati da un paio di graduati, che come spettri escono dalle baracche con le loro divise male in arnese avvicinandosi a noi un po’ sorpresi nel vederci, per controllare il nostro permesso di transito ma soprattutto per chiederci generi di prima necessità. Qui il percorso era obbligato, in quanto tutto attorno all'aeroporto il terreno è cosparso di relitti di aerei e carri armati e circondato da campi minati, che fortunatamente per noi erano ben segnalati con cartelli e filo spinato.
Una volta usciti dal Ouadi Doum entreremo gradatamente in ampie pianure di reg senza ostacoli all'orizzonte, fino a raggiungere verso sera le prime "barcane", desolate e sensuali dune a forma di mezza luna dell'Erg di Djourab. Questo percorso ha tagliato fuori volutamente l'importante oasi di Faya Largeau, capoluogo del B.E.T. a causa di alcuni recenti attentati avvenuti in città ai danni della guarnigione militare lì presente. Fino agli anni sessanta era una delle più ricche ed affascinanti oasi sahariane, con le sue bianche case a portico che si affacciano su viali alberati; Faya è stata un centro strategico durante la sanguinosa guerra con la Libia, ora finalmente sta ricominciando lentamente a rivivere.
Le nostre tende ad igloo verranno posate ai piedi di un'imponente duna barcana, per potersi riparare un po’ dal vento. Si, perché dalla prima mattinata ha incominciato a spirare incessantemente il temuto Harmattan, un vento implacabile che soffia da Nord Est e segnala la fine delle fresche temperature dell'inverno nordafricano; quando se ne va comincia il caldo torrido dell'estate sahariana, con temperature che possono tranquillamente superare i 45° a cui danno refrigerio solo sporadiche piogge.
L'harmattan soffia a cicli di due, sei giorni; oltre ad apportare un immediato aumento della temperatura, porta con sè ingenti masse di polvere, che azzerano la visibilità e cancellano in un attimo qualsiasi pista anche segnalata. La giornata del 09/04 inizia sotto un cielo piuttosto grigio, dovuto alla sabbia in sospensione che ci ha portato l'harmattan. Proseguendo sempre verso Sud Ovest ci troviamo a percorrere impegnativi cordoni di dune camminando su sabbia vergine, a fec-fech, soffici distese di polvere impalpabile su cui si affonda, dove ogni traccia di passaggio umano, per altro rara, viene assorbita e cancellata. Si cerca sempre di rimanere a contatto visivo con gli altri fuoristrada, in quanto ora il vento ha incominciato a spirare nuovamente con una certa violenza riducendo di molto la visibilità.
La polvere ci avvolge completamente, dentro i fuoristrada cerchiamo di proteggere la nostra bocca con un fazzoletto annodato dietro il collo oppure con il classico shèsh.

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