Ancora
in preda ad una profonda emozione per quello che
abbiamo visto, ritorniamo sui nostri passi e riprendiamo
i fuoristrada. Nel procedere verso il luogo dove
poseremo le tende per la notte, effettueremo numerose
soste per ammirare delle straordinarie pitture rupestri.
Queste sono celate in grotte e ripari naturali e
sono considerate una delle testimonianze più
importanti della preistoria; magnifiche per la loro
raffinatezza ed inestimabile valore di documento
della vita di uomini e animali in questa grande
regione del Sahara centro meridionale. Quello che
ci colpisce in queste pitture è la presenza
dei cavalli accanto ai dromedari, segno di un momento
storico in cui le due cavalcature si davano il cambio
a causa dei drammatici mutamenti climatici che stavano
investendo il Sahara.
Il campo verrà posato nelle vicinanze di
Tokou, dove troveremo delle incredibili formazioni
arenacee ad arco, imponenti ed eleganti che fanno
pensare ad un'opera di ingegneria a cui la natura
si è dedicata con lo scopo di sfidare le
sue stesse leggi.
A
poche centinaia di metri dalle nostre tende, abbiamo
avuto l'opportunità di vedere decine e decine
di ammassi di pietra di forma rotondeggiante; altro
non sono che tombe funerarie di una delle tante
necropoli sparse nell'Ennedi, alle quali gli studiosi
stanno tuttora cercando di attribuire una datazione
certa.
La
giornata seguente del 04/04 proseguiremo in direzione
Nord Ovest lungo l'Oued Nohi costeggiando le magnifiche
formazioni tassiliane arenacee del massiccio dell'Ennedi,
come quelle di Tokou, Terkei e Deli. Queste formazioni
con archi, guglie e camini creano maestose cattedrali
e intricati labirinti che si alternano ad ampie
vallate rese multicolori dalla sabbia dorata e dalle
sfumature di verde di acacie e arbusti. A ben vedere
nel Oued Nohi il deserto smette di essere implacabile;
in questa vallata incredibilmente verde l'acqua
che proviene dal sottosuolo irrora migliaia di acacie
e rende la vita meno dura ai nomadi che la abitano.
Una menzione particolare a nostro avviso, va a Chigeo,
per le sue incredibili torri in arenaria che si
innalzano contro un cielo che ha il colore del cobalto.
Queste antiche foreste di arenaria allungano le
loro ombre su un morbido tappeto di sabbia, in un
cromatismo perfetto che addolcisce l'asprezza di
questo arido territorio. Nelle immediate vicinanze
spuntano dal terreno come per magia degli stupefacenti
funghi di pietra che hanno un'altezza di circa 5-6
metri; sembra impossibile che solamente l'erosione
sia stata l'unica causa di questi capolavori della
natura. Di fronte a questo spettacolo naturale,
ci viene alla mente una citazione di Thèodore
Monod quanto mai appropriata: "si prova rispetto
per questi paesaggi intatti che non ci hanno domandato
nulla, che farebbero volentieri a meno della nostra
presenza e che sono là comunque semplicemente
maestosi". In serata arriveremo nella splendida
regione sabbiosa di Bichagara, dove poseremo le
nostre tende per la notte.
La mattina del 05/04 ci lasceremo alle spalle le
ultimi formazioni arenacee di Bichagara e dell'Ennedi
meridionale, puntando al pozzo di OUAI per il consueto
rifornimento d'acqua. Rifornimento necessario in
quanto per i prossimi tre giorni non incontreremo
punti d'acqua data la forte aridità del territorio
che dovremo attraversare.
Il
caldo. Non ne abbiamo ancora parlato; essendo praticamente
alla fine della stagione invernale le giornate sono
calde, le temperature di giorno arrivavano tranquillamente
ai 40°, per cui, onde evitare la disidratazione,
si aveva necessità di bere almeno 6-7 litri
d'acqua al giorno. Considerato che eravamo in 18
persone, i bidoni d'acqua erano quelli che occupavano
lo spazio maggiore all'interno delle nostre jeep.
Qui al pozzo di Ouai, vista anche una certa abbondanza
di questo prezioso liquido, ne abbiamo approfittato
per lavarci un po, sotto lo sguardo incuriosito
dei nomadi che affollavano il pozzo al nostro arrivo.
Fatto il pieno di acqua, ci addentreremo lungo una
difficile pista sassosa e sabbiosa nella depressione
del Mourdi, vasta regione di sabbie e gruppi montuosi
isolati. Passeremo poi alcuni impegnativi cordoni
di dune "barcane" nel punto di minor larghezza,
per immetterci nel Derbili, in un altro sistema
di dune "barcane", dove passeremo la notte.
Numerosi sono i giacimenti neolitici e paleolitici
qui presenti e frequente sarà la possibilità
di scoprire fra le sabbie grosse macine, resti di
vasellame di ceramica ed altri manufatti preistorici.
Qui in una delle regioni più isolate del
Tchad sahariano, l'enorme vastità dello spazio
ed il silenzio più assoluto ci tolgono il
fiato e ci svuotano la mente.
Le emozioni e le sensazioni che ti danno questi
luoghi sono difficili da esprimere con le parole
e con la fotografia. Il deserto va vissuto, devi
sentire sulla tua pelle la sabbia, il sole, il vento,
devi vedere con i tuoi occhi la sua immensità,
perché il deserto è una cosa a sé,
è un altro mondo, un'altra dimensione.
La mattina del 06/04 partenza di buon ora, per poter
sfruttare al massimo le prime ore del giorno dove
le temperature sono più sopportabili per
noi e per i nostri mezzi. Percorreremo l'antica
via carovaniera che collega i villaggi Tchadiani
del sud con le saline delle regioni di Ounianga,
Demi, Teguedei e le oasi libiche; arriveremo poi
a Eyo Demi formazione di arenaria rossastra ai piedi
della quale sorge l'omonimo villaggio, costituito
da poche palme e povere abitazioni in terra. Questo
nucleo abitato, situato in un ambiente assolutamente
selvaggio ed inospitale vive sull'esiguo commercio
del "sale rosso"; in un'ampia distesa di sabbia
le donne scavano e raccolgono con metodi rudimentali
i cristalli di sale, che verranno poi trasportati
ai mercati del Waddai.
Questo preziosissimo elemento naturale, che è
il sale, fu alla base di tutti i traffici che si
svolgevano lungo la grandi carovaniere del Sahara;
a tutt'oggi queste carovane sopravvivono soltanto
qui e in paesi come il Niger ed il Mali.
Siamo penetrati incredibilmente in un angolo di
mondo che fino ad ora il motore a scoppio non è
ancora riuscito a conquistare.
Ci
fermiamo per una breve visita, due chiacchere con
il capo villaggio che poi ci porta a vedere le saline,
dove alcune donne erano impegnate nell'estrazione
del sale, in condizioni ambientali davvero proibitive
per chiunque di noi.
Proseguiremo ancora lungo questa antica via di commercio
e piegando verso nord ovest arriveremo all'oasi
di Teguedei, piccolo palmeto abitato stagionalmente
per la raccolta dei datteri. Durante la stagione
invernale, principalmente nei mesi che vanno da
novembre a febbraio, viene raccolto il sale per
effetto dell'evaporazione delle acque di questo
piccolo lago.
Nei periodi in cui l'oasi non è abitata troviamo
solo i telai delle abitazioni realizzati con canne
di bambù, altrimenti ricoperti di stuoie
e piccole costruzioni di pietra adibite a magazzino
per i datteri durante il periodo della raccolta.
L'oasi rappresenta un'affascinante e seducente idea
della vita che vince in mezzo al nulla; è
la volontà dell'uomo che in severissime condizioni
ambientali utilizza le poche risorse a sua disposizione
per creare una nicchia fertile, che si oppone ad
un intorno ostile ed avverso. L'estrazione del sale,
la raccolta dei datteri, la soda costituiscono insieme
all'allevamento una fonte di approvvigionamento
e di scambi insostituibile nell'economia della regione.
Le sorprese non sono ancora finite in questa giornata,
proseguendo sempre verso ovest raggiungeremo i primi
laghi dell'oasi di Ounianga Serir. Uno solo di questi
ha l'acqua che è completamente dolce, ne
approfittiamo immediatamente per fare un bagno ristoratore,
occasione non certo frequente nel Sahara. Il campo
verrà posato nelle immediate vicinanze di
questi laghi.
La giornata seguente del 07/04 la passeremo interamente
a visitare questa inusuale regione di Ounianga.
Per una particolare situazione geologica questo
complesso sistema lacustre ha modo di sopravvivere
alla desertificazione; la sua ubicazione è
tra Ounianga Serir e Ounianga Kebir.
In un paesaggio tra i più inusuali, troviamo
bacini d'acqua circondati da palmeti spontanei che
affondano le radici in un terreno spugnoso inzuppato
da acque fossili; unici palmeti di questo genere
in tutta l'Africa sub tropicale, praticamente nel
cuore del deserto. Dune gialle e arancioni discendono
sino all'acqua, falaise di arenaria multicolore
che vanno dal bianco al rosso, rendono questo luogo
uno dei più affascinanti ed inaspettati di
tutto il paesaggio sahariano.
Questi specchi d'acqua, rari gioielli dalle colorazioni
blu, verde e rosso, devono il loro cromatismo alla
salinità delle acque ed alla natura del plancton
in esse presenti. Piccolo villaggi di povere capanne
circondano i laghi; qui vi abitano principalmente
i nomadi BIDEYAT e Ounia, questi ultimi danno il
nome alla regione dei laghi salati; nonostante le
grandi dimensioni nessun nomade li naviga, né
con piroghe né con piccole barche. Bideyat
e Ounia parlano una lingua dalle origini comuni,
la lingua della riva nord dell'antico mare paleociadiano;
queste popolazioni nomadi si insediarono in questi
territori probabilmente alla fine del neolitico.
La zona dei laghi è il punto più a
nord toccato dal nostro raid sahariano. Come detto
in precedenza il lago Bokou di Ounianga Serir è
il solo che ha acqua dolce. In tutti gli altri l'acqua
è salata, là dove sono stati inglobati
i depositi di carbonato di sodio lasciati dalle
antiche ingressioni marine. A Ounianga Kebir ci
sarà l'ultimo controllo dei nostri permessi;
si farà poi il secondo ed ultimo rifornimento
di nafta per i fuoristrada. Ounianga Kebir è
un villaggio dove il tempo sembra essersi fermato
alla guerra combattuta contro la vicina Libia. Nonostante
la potenziale minaccia rappresentata dai residuati
bellici ancora sparsi nel territorio circostante,
ora vi è presente un vivace mercato pieno
di merci che ironicamente provengono dalla confinante
Libia, ex nemico e vicino più ricco del Tchad.
Su grossi camion diesel Mercedes, carichi fino all'inverosimile,
sono impilati enormi sacchi di iuta che contengono
un po di tutto, dai tappeti da preghiera ai
sandali, abiti, utensili in latta ecc
.. Il
più delle volte sopra a questo strato di
sacchi trovano posto numerosi passeggeri avvolti
nelle loro tuniche e schiacciati gli uni contro
gli altri.
L'importanza del villaggio è dovuta al fatto
che questo è il primo posto di controllo
del Tchad per chi proviene da nord; qui i camion
sono costretti a lunghe soste per le ispezioni doganali.
Facciamo il campo fuori dal villaggio, vicino alle
rive del lago Yoa, di gran lunga il più grande
di questa regione, un vero e proprio mare interno.
La mattina successiva del 08/04 ammiriamo il sorgere
del sole su questo fantastico specchio d'acqua e
dopo la consueta colazione puntiamo i nostri fuoristrada
in direzione sud Sud Ovest, passando tra alcune
strette falaise di arenaria, per entrare poi nel
Ouadi Doum. Lungo il suo percorso attraverseremo
i resti di un aeroporto militare, con tanto di pista
di atterraggio ancora in ottimo stato, che fu un'importantissima
base di approvvigionamento per le truppe libiche
durante il conflitto con il Tchad. Oramai non rimangono
altro che pochi capannoni e baracche invase dalla
sabbia, presidiate da alcune decine di militari
Tchadiani confinati con le loro famiglie in questo
squallido e desolato avamposto militare. Al nostro
arrivo siamo avvicinati da un paio di graduati,
che come spettri escono dalle baracche con le loro
divise male in arnese avvicinandosi a noi un po
sorpresi nel vederci, per controllare il nostro
permesso di transito ma soprattutto per chiederci
generi di prima necessità. Qui il percorso
era obbligato, in quanto tutto attorno all'aeroporto
il terreno è cosparso di relitti di aerei
e carri armati e circondato da campi minati, che
fortunatamente per noi erano ben segnalati con cartelli
e filo spinato.
Una volta usciti dal Ouadi Doum entreremo gradatamente
in ampie pianure di reg senza ostacoli all'orizzonte,
fino a raggiungere verso sera le prime "barcane",
desolate e sensuali dune a forma di mezza luna dell'Erg
di Djourab. Questo percorso ha tagliato fuori volutamente
l'importante oasi di Faya Largeau, capoluogo del
B.E.T. a causa di alcuni recenti attentati avvenuti
in città ai danni della guarnigione militare
lì presente. Fino agli anni sessanta era
una delle più ricche ed affascinanti oasi
sahariane, con le sue bianche case a portico che
si affacciano su viali alberati; Faya è stata
un centro strategico durante la sanguinosa guerra
con la Libia, ora finalmente sta ricominciando lentamente
a rivivere.
Le nostre tende ad igloo verranno posate ai piedi
di un'imponente duna barcana, per potersi riparare
un po dal vento. Si, perché dalla prima
mattinata ha incominciato a spirare incessantemente
il temuto Harmattan, un vento implacabile che soffia
da Nord Est e segnala la fine delle fresche temperature
dell'inverno nordafricano; quando se ne va comincia
il caldo torrido dell'estate sahariana, con temperature
che possono tranquillamente superare i 45°
a cui danno refrigerio solo sporadiche piogge.
L'harmattan soffia a cicli di due, sei giorni; oltre
ad apportare un immediato aumento della temperatura,
porta con sè ingenti masse di polvere, che
azzerano la visibilità e cancellano in un
attimo qualsiasi pista anche segnalata. La giornata
del 09/04 inizia sotto un cielo piuttosto grigio,
dovuto alla sabbia in sospensione che ci ha portato
l'harmattan. Proseguendo sempre verso Sud Ovest
ci troviamo a percorrere impegnativi cordoni di
dune camminando su sabbia vergine, a fec-fech, soffici
distese di polvere impalpabile su cui si affonda,
dove ogni traccia di passaggio umano, per altro
rara, viene assorbita e cancellata. Si cerca sempre
di rimanere a contatto visivo con gli altri fuoristrada,
in quanto ora il vento ha incominciato a spirare
nuovamente con una certa violenza riducendo di molto
la visibilità.
La polvere ci avvolge completamente, dentro i fuoristrada
cerchiamo di proteggere la nostra bocca con un fazzoletto
annodato dietro il collo oppure con il classico
shèsh.