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Diario dalla Namibia

di Renato Civitico

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Viaggiamo tutti, sia che ci spostiamo fisicamente, sia che restiamo nella nostra città, viaggiamo tutti i giorni per andare al lavoro, per trovare un amico, o per puro piacere, ed anche un libro permette alla mente di scoprire nuovi orizzonti. Ma un viaggio ha da sempre due possibili itinerari, a seconda che si decida di viaggiare fuori o dentro di noi, non è una necessità ma un'opzione, una libera scelta che da sempre possiamo compiere. E quando questi due elementi si uniscono, un viaggio qualunque diventa unico e indimenticabile. Francamente ero molto curioso prima di partire per la Namibia, avevo passato molte ore su internet a visitare siti, avevo letto libri, ammirato foto, e mi ero fatto un'idea su quello che da lì a pochi giorni avrei visto, ma mi sbagliavo, nulla poteva competere con la bellezza di quei luoghi.  Scesi all'aeroporto di Windoeck, capitale della Namibia, siamo subito partiti verso il parco dell'Etosha, che nel dialetto locale significa "posto dell'acqua asciutta". Quest'immensa riserva naturale è uno tra i posti più belli al mondo per poter osservare gli animali. Il parco è un'immenso deserto salino, ricco per la diversità delle specie presenti, l'habitat per gli animali è la foresta e la prateria che circonda questa vasta depressione. Verso sera quando i colori sfumano nel tramonto il verde, il bianco e il giallo si uniscono nel blu intenso del cielo formando un'unica e immensa tavolozza naturale dalla quale è possibile attingere tutti i colori africani. Lasciato a malincuore il parco ci dirigiamo verso nord, percorrendo la strada che da Namutoni porta verso Ruacana. Fa' buio presto anche se sono le sei di sera, ma in Namibia le giornate sono brevi, è ancora inverno anche se siamo già a fine agosto, e guidare di notte non è mai consigliabile, le piste non sono del tutto sicure, ma la voglia di raggiungere il campeggio dopo una lunga giornata di trasferimento è molta. Le Jeep viaggiano a notevole distanza l'una  dall'altra, perché la polvere che si alza è tanta, entra in gola, e poco dopo gli occhi iniziano a lacrimare. Anche la stanchezza di questi giorni si fa sentire, ma ormai siamo prossimi ad arrivare nel Kaokoland.
Le etnie.
La Namibia ha circa due milioni d'abitanti sparsi su un territorio molto vasto, con una densità di popolazione tra le più basse d'Africa, anche se il tasso di crescita demografico è uno tra i più alti al mondo. In Namibia si possono contare almeno undici diversi gruppi etnici: Ovambo, Kavango, Herero, Damara, Nama, Caprivian, San, Rehoboth, Baster, Tswana, Europei e Himba. Gli Himba, sono una piccola popolazione di questo paese, vivono nel nord-est della Namibia, in una regione che prende il nome di Kaokoland. Questa vasta regione rappresenta il volto più primitivo e selvaggio della Namibia, l'isolamento geografico e il naturale conservatorismo degli Himba hanno contribuito a mantenere abbastanza intatto il loro stile di vita semi-nomade, anche le loro usanze e le loro tradizioni sono rimaste quasi immutate nel tempo. Le donne continuano ancor oggi a cospargersi la pelle ed i capelli con una mistura di burro e terra rossa, per renderla liscia e per proteggersi dalle punture degli insetti. Al mattino del giorno seguente, dopo la notte in tenda ripartiamo prestissimo, oggi percorreremo la strada che costeggia il fiume Kunene, il confine naturale con l'Angola estremo nord della Namibia. Ieri lasciata l'ultima città abbiamo fatto provviste di cibo, acqua e benzina, non troveremo più nulla nei prossimi giorni, ma soprattutto abbiamo comprato farina, zucchero e tabacco che consegneremo ai capi villaggio, generi alimentari che ci saranno richiesti quando faremo loro visita. E subito quello che vediamo ci ripaga di tutta la fatica fatta per giungere fin qui, lungo la strada donne Himba ci salutano,  ci chiedono di fermare le auto, molte portano con se i loro piccoli, sono sorridenti e cordiali, indossano l'inconfondibile minigonna con più strati di pelle di capra, hanno i capelli intrecciati e portano al petto la loro collana tradizionale con in centro una grossa conchiglia. Uomini ne vediamo pochi, sono nei campi a pascolare il bestiame, unica ricchezza in questa terra desolatamente povera, sono figure alte e snelle, con i capelli rasati, molti hanno un codino che è avvolto in un piccolo drappo di tela colorata. I villaggi sono poverissimi, come del resto molti in Africa, una piccola recinzione difende le case di legno e fango dagli animali, all'interno una coperta sul pavimento, pochi e semplici utensili sono appesi ai lati, fuori una donna indica una minuscola stufa in ghisa l'unico oggetto di valore. Sono cordiali, fieri del loro essere, ci comprendiamo a fatica e a gesti  in uno stentatissimo inglese, ci spiegano la loro giornata tipo, i loro problemi quotidiani, ed i cambiamenti in atto, poi qualcuno suona per noi con uno strano strumento musicale, ha la forma di un'arco, ma pizzicando con i denti la corda emette un suono simile al nostro "scacciapensieri". Ancor oggi ma sempre con più difficoltà, continuano a fuggire dal mondo moderno, indicativo è il fatto che i missionari non siano mai riusciti a convincere le donne a coprirsi il petto come invece è avvenuto altrove. Accettano i nostri doni, anche se ci chiedono soldi per essere fotografati, ci ringraziano spesso con la parola afrikaner "Thanke", poi qualcuno di noi offre ai bambini dei palloncini colorati e i loro volti s'illuminano.
Nel Kaokoland.
Il Kaokaland è una regione poverissima, con un delicato equilibrio che regna sul paesaggio e sulla flora, di recente il governo namibiano ha deciso la costruzione di una grossa diga per sfruttare il corso d'acqua del fiume Kunene. I motivi per la costruzione sono molteplici, ma la ragione principale è per sopperire al fabbisogno energetico della nazione. L'impianto produrrà energia che sarà esportata ai paesi vicini. Una vasta parte di questa regione sarà allagata, molti villaggi scompariranno, e sebbene importanti consulenti ambientali hanno studiato un progetto per provocare il minor impatto ambientale, questo territorio sarà profondamente modificato nei prossimi anni. Il governo difende la sua decisione, con il pretesto di voler far sviluppare anche questa poverissima regione. Io non voglio schierarmi con i pro o con i contro, penso soltanto che la costruzione di questa diga non porterà nessuna ricchezza agli abitanti, del resto quasi tutti pastori. Parlando con loro, si scopre che sono preoccupati, vorrebbero continuare a vivere come hanno sempre fatto, fedeli alle loro tradizioni, hanno paura di perdere le terre e veder sgretolare le proprie strutture socio economiche. Una domanda allora, ma chi è l'uomo saggio? Chi porta progresso e civiltà o chi si rifiuta di modificare la propria vita. Non saprei rispondere però colui che si rifiuta di accettare quello che altri gli impongono, deve per questo essere ascoltato con attenzione, forse perché dopo una lunga e tormentata ricerca ha trovato una propria immagine nella quale crede, nella quale si rispecchia e nella quale vuole riposarsi. Un proprio modo di vivere che non vuole modificare, ma anzi difendere a tutti i costi, utilizzando le uniche armi a sua disposizione: la parola e la ragione. Lasciamo a malincuore questa regione, e subito la strada che dal Kaokoland porta verso il mare si rivela una pista molto difficile da percorrere, bisogna ridurre la velocità e prestare molta attenzione ai pericoli che si possono trovare lungo la via. Questo ci permette di ammirare in pieno l'immenso paesaggio che si apre ai nostri occhi. Le montagne sono spoglie e marroni, la steppa è gialla, bruciata dal sole, il cielo è sempre di un azzurro intenso, questo paesaggio è unico nel suo genere, le salite che troviamo ci permettono di gustare alcuni paesaggi da mozzafiato.
L'oceano mare.
Poi improvvisamente il mare, l'oceano, "l'oceano mare" come direbbe Baricco. Ci fermiamo un attimo, scendiamo dalle nostre auto a contemplare quest'immagine così diversa da tutto quanto visto finora. Oramai il nostro viaggio volge al termine e ne siamo consapevoli, ci mancano solo pochi giorni da spendere in Namibia prima di rientrare nelle nostre città. I giorni che seguono sono intensi a Swakopmund, bella cittadina costruita in stile coloniale tedesco, ma le sue vie orlate da palme, i negozi, i buoni ristoranti e gli alberghi di lusso ci fanno sentire un po' a disagio. Come d'incanto mi ritrovo sull'aereo per il rientro, e per un attimo chiudo gli occhi e rammento un'episodio che mi ha fatto riflettere. Un ragazzotto namibiano mi porge una piccola pietra di colore blu. Mi dona un frammento della sua terra, e lo fa con una naturalezza che mi mette a disagio, vorrei scambiare con lui qualcosa, ma non vuole. L'aero è ormai sulla pista di decollo e si alza verso il cielo, domani mattina sarò nella mia bella città con un piccolo souvenir nella mia tasca. Una briciola di terra donata da chi cammina per le strade sconnesse e polverose della Namibia, un ricordo di lui che ogni giorno e con molta fatica affronta a piedi immense distanze.