Nubia - donne nubiane
di
Giovanni Mereghetti
E quasi sera quando lAirbus della
compagnia del Qatar inizia latterraggio su Khartoum,
la capitale del Sudan. Cerco di affacciarmi al finestrino,
mi
piace osservare le città dallalto, ma sotto
di me faccio fatica a intravedere le vie della città,
cè un grande polverone, laereo scende
un po ma poi deve risalire, scoprirò poi che
durante la fase di atterraggio sulla capitale imperversava
una tempesta di sabbia. Cambia solo il colore, per il resto
è come quando a Milano cè la nebbia.
Si gira sopra laeroporto per ancora venti minuti,
poi si atterra senza difficoltà. Dopo le brevi formalità
doganali raggiungo il mio autista che mi sta aspettando
subito dopo i cancelli degli arrivi, una stretta di mano
e siamo subito in auto diretti verso lalbergo nel
centro di Khartoum.
La Capitale è un insieme
di strade polverose tagliata in due dal Nilo che la attraversa
da nord a sud, il bazar è animato e ricco di colori,
anche il museo nazionale è interessante, ma la mia
mente è già proiettata verso il grande deserto
che mi aspetta.
Si percorre il nastro di asfalto per un centinaio di chilometri
in direzione nord attraversando il villaggio di Tam Tam,
poi, finalmente è sabbia. Si entra in un deserto
"abitato", si è nella sabbiosa vallata
del Wadi Milk ed ai pozzi è facile incontrare gruppi
di nomadi con le loro bestie. Questi
nomadi vivono in tende costruite da unintelaiatura
di rami coperte da stuoie. Il rapporto con questa gente
è molto piacevole, dimostrano un profondo senso dellospitalità
e, nei limiti di una povertà evidente, offrono quello
che hanno a loro disposizione. Non siamo nel deserto degli
uomini blu ma questo deserto ha ugualmente il potere di
trasformarci facendoci sentire altre persone. E una
terra affascinante che, secondo me, appartiene a ogni uomo;
è veramente dentro di noi e quando sei lì,
hai come la sensazione di conoscerla da sempre, di esserci
già stato, tutto ti sembra diverso, oppure antico,
in qualche modo già conosciuto.
Nel deserto è possibile
"gustare" un paesaggio sconfinato, a volte crudele,
in parte inesplorato. Qualche ciuffo derba , qualche
cespuglio ingiallito dal sole, qualche piccolo rettile,
i dromedari che corrono allorizzonte, il paesaggio
è lunare, non si riesce a vedere oltre linfinito,
forse sta proprio qui linquietudine che noi viaggiatori
del "nulla" abbiamo dentro, linconscia spinta
alla ricerca della "novità", il desiderio
di andare al di là delle cose e bucare il muro dellinvisibile.
Andare
verso il mare di sabbia vuol dire cercare il contatto diretto
con la natura e con luomo che la abita, contatto che,
in una società come la nostra soffocata dal consumismo
e stimolata solo dalla sete di progresso, non è più
possibile avere, perché qui è tutto calcolato,
tutto è programmato, il tempo, i minuti, i secondi
sono diventati degli idoli da rispettare. Nel deserto la
proporzione della natura è predominante, è
la natura stessa che vince su tutte le tentazioni di sostituirla
a qualcosa daltro, rimane lei lunica interpretazione
possibile per un contatto che qui rimane esclusivo tra gli
elementi naturali e luomo.
Il viaggio continua in direzione
nord in unarea desertica grande circa due volte
lItalia che raggiunge il confine con il Chad a ovest
e lEgitto a nord, un percorso completamente fuori
pista non attraversato da nessuna strada o da piste cammelliere,
è un deserto totale.
Si viaggia con un occhio sul terreno e uno sul gps per lintera
giornata, poi, quando il vento che ha accompagnato tutta
la giornata cessa il suo urlo e la sua rabbia, quando il
caldo si mitiga, quando tutto si distende, ovunque regna
una grande pace come se, elementi e uomini volessero rifarsi
dopo la grande battaglia del giorno e del sole. Il tempo
passa non turbato dalla fretta né dallorologio.
Nessun impegno mi assilla, nessun rumore mi disturba.
Mi sazio così, in silenzio, mentre nel cielo si accendono
le stelle. Pochi spettacoli della natura sono così
puri come un mare di dune sotto il cielo stellato. Sabbia
e cielo separati solo da un tratto di linea orizzontale,
nientaltro.
Dopo
cinque giorni di "nulla" (segue)...
|