Marocco in due (ovvero, in Tre... no)
testo e foto di Laura Poli e Norberto Masciocchi

VII giorno. La nottata nel frigorifero passa sorprendentemente bene e alle 7.30 ci presentiamo, come da programma, alla colazione, ma non c’è assolutamente nessuno…Decidiamo allora di anticipare la passeggiata alla gola e ci incamminiamo nel letto di un fiume praticamente secco; dopo circa 40 minuti, dietro-front e rientriamo all’Hotel, proprio in tempo per la generosa colazione continentale. Mustafà ci viene a prendere e ci affida poi ad Abdo, ragazzo del posto, con bellissimo turbante e tunica berbera blu, che ci fa visitare i palmizi e la vecchia mellah disabitata, e poi finiamo, (ma va’?) in una bottega artigianale: dopo diversi srotolamenti di tappeti e qualche tè alla menta, con un piccolo, neanche tanto, acquisto, riusciamo a tornare alla macchina di Mustafà. Dopo due ore di viaggio, e un’omelette a Erfoud, facciamo tappa a Rissani, ove finiamo (ovviamente) in una tappeteria ma riusciamo ad uscirne indenni, nonostante il tentativo di plurisrolotolamenti e l’apertura della “scatola dei tesori” Tuareg; ancora un’oretta di viaggio e 15 Km di pista nel deserto e finalmente arriviamo all’Auberge Lahmada, con tende berbere ma anche qualche stanza in muratura, alla base delle dune di Merzouga; tira un bel vento (non freddo) ma decidiamo lo stesso di passare la notte in bivacco (siamo gli unici): il padrone incredulo ce lo chiede tre volte prima di accompagnarci alla tenda. La nostra è la terza a destra di un gruppo di 12, e si riconosce unicamente per la presenza di un tappetino esterno e di una lampada per candele, berbera, con vetri laterali anti...spegnimento da vento. Depositiamo i nostri pochi averi nel poco spazio a disposizione tra materasso, coperte di cammello e tappeti divisori e ci inerpichiamo a piedi sulle dune di sabbia; in circa 40 minuti, di corsa, tipo “Marathon du Sable” giungiamo sull’anticima prima del tramonto e rientriamo al campo-base giusto in tempo per cenare.
Di farci una doccia non ci pensiamo neanche, per mancanza di luce e acqua calda, anche se in realtà i servizi sono molto puliti, praticamente non usati. Cena (solita: tajine vegetariano e non); andiamo subito nella tenda e non aspettiamo il concerto di tamburi previsto per la tarda serata; ancora una volta ci infiliamo sotto diversi strati di coperte. Durante la notte, il ventoentra dalla “porta” (un telo mal teso) e sfiora, portando sabbia, le nostre facce, mentre il resto del corpo sta ben al caldo, fin troppo. Il tetto di iuta vibra e spernacchia; più tardi scende anche qualche goccia, ma non entra nella tenda. Verso le due, inauguriamo una spedizione notturna verso i bagni, al chiar di luna (non c’è praticamente bisogno della torcia). Poco dopo inizia il concerto di: asini, dromedari e galli (tanti). Prima delle 6.30 arriva il cammelliere Youssef, con Jimi Hendrix e Bob Marley: i nostri due dromedari. E’ già il…

VIII giorno: Giro sulle dune con Youssef a piedi che conduce i due dromedari; dopo un po’ di mal di sedere, riusciamo a cavalcare abbastanza disinvolti e arriviamo al punto da cui si vede sorgere l’alba, ma il cielo è parzialmente coperto. Scendiamo dalla cavalcatura e solito giro, di corsa, fino a qualche duna più in su; foto varie visto che sui dromedari venivano un po’ ondeggianti. Youssef tira giù le coperte-selle e si fa un bel pisolo arrotolato sulla sabbia. Ritorno d’ambio e colazione all’aperto. Ripartiamo in auto per un lungo tragitto, con clima molto molto variabile, dal sole, al vento, alla pioggia e nebbia e nevischio sul passo; fermata al ristorantino di Ourzazate e stop dei gendarmes perché andavamo a 55 Km/ora anziché 50 !!! Multa di 50 euro con minaccia di ritiro patente: secondo Mustafà questo equivale al suo stipendio di circa 10 giorni. Ci spiega anche che un insegnante delle superiori guadagna circa 150 euro al mese e calcolando che la vita qui costa circa un quarto che da noi, si capisce che per chi vive qui è comunque dura. Arriviamo a Marrakech giusto al calar del sole e, al solito Ibis, finalmente bagno o doccia comme-il-faut. Cena alla ville nouvelle al ristorante Le Virage: arredamento moderno di ispirazione araba: pastilla e tajine d’agnello (tutto molto buono, a 120 MAD). Sotto un acquazzone ci rifugiamo in un Internet Point.

IX giorno. Col taxi arriviamo alla medina. Visita al Dar Si Said e al Palais de la Bahia: due palazzi bellissimi, soprattutto il primo, coi soliti saloni con nicchie, tronetti, archi, stucchi colorati e cortili con fontane e piante. Attraversiamo la mellah per andare a mangiare il pane, datteri e dolcetti comperati per strada, ai giardini d’Agden, ma sono chiusi. Andiamo allora ai giardini della moschea Koutoubia. Giretto e ultimi acquisti nel souq: babouches, decorazioni di henné alle mani, bustine in cuoio. Ultimo caffè nella spettacolare piazza Djemaa El-Fna e visita alle tombe dei Saaditi: mausolei senza pareti, con piastrelle, stucchi, marmi e colonne, etc., in un bel giardino. Taxi ai giardini di Menara: il viale alberato con palme ed ulivi è bello, ma il cuore del giardino è un enorme bacino, in pratica una piscina con qualche pesce, dove di sera fanno sons-et-lumières, e dove gli antichi sultani annegavano alla mattina le loro amanti. Cena (stavolta) alla medina, al ristorante Dar Mimoun: dopo qualche difficoltà a trovarlo nei labirinti della mellah, entriamo in questo Riad (casa sontuosa di città) con un cortile interno (e stufette a gas..), arredato sontuosamente. Davvero da non perdere, anche per il suo prezzo contenuto (150 MAD). Ultima visita alla piazza. Con le luci dei banchetti allestiti al momento dai vari cuochi (vestiti in bianco), è ancora più bella. Cantastorie, tamburi, prestigiatori, scimmie e serpenti, Bessalama (arrivederci)!.

X e ultimo (sigh!) giorno. Dopo esserci svegliati alle 6.15, saltiamo sul treno delle 7 per Casablanca Oasis, dove sotto una insistente pioggerella primaverile, aspettiamo la coincidenza del treno- navetta per l’Aeroporto. Anche questa vacanza è finita, con l’aereo che, alle 14, ci aspetta per l’imbarco.

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